I dipendenti sono la più importante risorsa di un’azienda e il loro rendimento è un aspetto cruciale per tenere alta la produttività. Le pratiche di incentivazione e motivazione del personale stanno acquisendo crescente importanza, sia nella letteratura accademica che nella vita aziendale.
Molte aziende nel mondo hanno già sperimentato questo approccio, fornendo dati reali a uno studio accademico di tipo comparativo che ha coinvolto varie aziende in 30 Paesi. Ne è nato uno paper dal titolo “Empowering leadership: A meta‐analytic examination of incremental contribution, mediation, and moderation”, pubblicato sul Journal of Organizational Behaviour.
Per sommi capi, si è constatato che responsabilizzando il personale:
In termini generali, si può rilevare un generale beneficio, sia da parte dei titolari che da quella dei dipendenti. La chiave di volta sta, però, prima di introdurre cambi di rotta, nel comprendere la propria realtà aziendale , unica e differente da tutte le altre, proprio perché fatta di persone.
Gli studi forniscono un buon incentivo per intraprendere questo cammino di responsabilizzazione del proprio team, ma ancor più utile è avere delle indicazioni sulle azioni pratiche da attuare affinché si raggiungano i risultati sperati.
Di seguito illustriamo 7 punti che si sono rivelati vincenti per le aziende che hanno fatto parte del panel esaminato.
Innanzitutto bisogna partire dall’apice della piramide. Un datore di lavoro presente, propositivo e con un atteggiamento positivo nei confronti del proprio lavoro e di quello dei dipendenti è il primo passo per motivare i collaboratori.
Il datore di lavoro ha la responsabilità dei processi e del lavoro dei dipendenti e deve mettersi in gioco per primo soprattutto in caso di problemi: un luogo di lavoro con capi dispotici, autoritari, che scaricano le colpe sui propri sottoposti, genererà un ambiente tossico, dove regnano stress e atteggiamenti negativi che si ripercuotono a tutti i livelli.
La motivazione aziendale è fatta di buoni esempi e modelli virtuosi. Un clima disteso è il primo passo per motivare il personale.
Un errore frequente nelle aziende è quello di lavorare per compartimenti stagni e non favorire la condivisione degli obiettivi dei diversi settori. In questo modo ognuno lavora per sé, spesso non considerando scadenze e urgenze altrui e ritenendo di maggior importanza le proprie priorità.
Succede ad esempio quando due diversi comparti produttivi devono interfacciarsi per progetti comuni e ciascuno avanza pretese sull’altro, pensando che il proprio lavoro debba essere svolto con maggior priorità, senza magari conoscere il carico di lavoro dei colleghi.
Motivare i collaboratori significa anche dare loro la visibilità degli obiettivi aziendali e degli altri settori. Essere messi al corrente della direzione in cui la società di cui si fa parte vuole andare aiuta il dipendente a sentirsi membro della squadra e non una mera pedina. Sapere che il contributo di ciascuno, a qualunque livello di responsabilità si trovi, è fondamentale per il raggiungimento di importanti traguardi è una leva importante per incentivare il personale e renderlo meno passivo.
Il vizio diffuso soprattutto nelle grandi aziende è quello di considerare i collaboratori come dei numeri e non come delle persone. Riconoscere che i propri dipendenti sono risorse e non pedine intercambiabili che fanno funzionare la macchina aziendale porta a un cambiamento radicale nei rapporti e nell’ambiente di lavoro.
Negli ultimi anni sono stati fatti molti studi a riguardo, che hanno portato, ad esempio, all’introduzione del reparto delle Risorse Umane all’interno delle aziende, dove figure professionali qualificate si occupano del rapporto azienda-dipendenti, del loro benessere sul posto di lavoro, di percorsi formativi personalizzati ecc.
La valorizzazione delle proprie risorse passa anche dalla cura delle relazioni interpersonali. Momenti di team building, di ascolto dei dipendenti, rapporti meno formali e più distesi, sono tutti elementi che aiutano a motivare il personale e a renderlo più collaborativo.
Alcune recenti ricerche hanno evidenziato che le persone preferiscono lavorare in un luogo con un buon clima tra colleghi percependo uno stipendio più basso, che lavorare in un ambiente altamente ostile e stressante anche se ben pagato. Sicuramente questo aspetto influisce molto anche sulla fedeltà di un dipendente all’azienda. Laddove il trattamento è poco dignitoso i collaboratori cercheranno un’altra occupazione il prima possibile.
Le decisioni, dalle più importanti alle più banali, sono spesso in mano a pochi individui. Coinvolgere i dipendenti nelle scelte è un aspetto fondamentale.
Da un lato crea un senso di responsabilità e importanza nel collaboratore e lo porta ad essere più propositivo, dall’altro permette di avere contributi preziosi, in quanto si tratta spesso di persone che sono maggiormente implicate con le decisioni da prendere e possono fornire un punto di vista importante e concreto.
Un dipendente responsabilizzato e partecipe sarà sicuramente più produttivo, perché sa di essere una parte importante dell’azienda.
La valutazione positiva funge da incentivo per continuare a mantenere uno standard di prestazione alto ed è un buon esempio per gli altri dipendenti. Complimentarsi davanti agli altri o mettendo in copia alla mail altri colleghi è uno sprone a voler fare sempre meglio.
Non è infrequente, invece, nei luoghi di lavoro la pubblica umiliazione, che oltre ad essere una pratica assai negativa, spinge i dipendenti alla paura nel mettersi in gioco e al disinteresse nei confronti delle mansioni aziendali, vissute esclusivamente come un onere.
La possibilità di sbagliare è un’opzione che va considerata. Si tratta di una prova di cui tutti abbiamo avuto esperienza e che, anche se spesso nel posto di lavoro è condannata, in realtà serve all’accrescimento personale e professionale.
Perché sia costruttiva il datore di lavoro deve lasciare che avvenga, vigilare e osservare ma senza intervenire. Il dipendente o il team devono trovarsi in una situazione di crisi, nel vero senso etimologico del termine, quindi di “scelta” o “rottura”, dalla quale sono costretti a uscire trovando la soluzione migliore.
Solo alla fine sarà opportuno discutere del problema e delle soluzioni apportate per valutare eventuali scelte alternative o migliori. Il fallimento è una tappa importante nella crescita e la paura di sbagliare è, al contrario, il maggior freno.
Lavorare in un clima disteso, con un titolare presente, colleghi collaborativi e contributi apprezzati sono già un ottimo metodo per motivare il personale. Se a tutto questo aggiungiamo un sistema premiante abbiamo davvero di fronte un’azienda che incentiva i collaboratori e la produttività ne gioverà sicuramente.
Non sono necessari incentivi dal valore stratosferico per dare un impulso all’attività del personale, ma ci possono essere anche dei piccoli bonus, dei premi di produzione, delle provvigioni sul raggiungimento di determinati risultati e, perché no, delle promozioni. Sapere che il proprio lavoro, se fatto bene, è apprezzato e premiato spinge ad essere ancora più attivi e propositivi.
Studi e spunti pratici sono solo il primo passo per affrontare questo percorso di cambiamento. Ora è il momento di scendere in campo!